Dal
1948 e fino agli anni ’90 sulla carta geografica della politica italiana
la Basilicata veniva segnalata con il colore bianco ad indicare la
sua indiscussa appartenenza alla vecchia DC. Dagli anni ’90 in avanti il
suo colore politico invece è diventato di un rosso sempre più vivo, persino più
rosso di regioni tradizionalmente di sinistra.
Perché
questo repentino cambiamento nonostante la caduta del Comunismo e del
travaglio che ne è seguito nel vecchio partito comunista italiano?
La piccola borghesia lucana,
costituita perlopiù da professionisti, impiegati, raccomandati, aspiranti
raccomandati e affaristi vari, con la caduta della DC aveva perso il suo punto
di riferimento. Lontana anni luce da movimenti autonomistici tipo Lega e
non vedendo nel partito berlusconiano una possibile ancora di
salvezza, passò ”armi e bagagli” a Sinistra al grido “Francia o
Spagna purché se magna”. Un semplice “cambiamento di bandiera”
quindi, non un segnale di un radicale cambiameto come
invece sarebbe stato necessario.
In questi ultimi vent’anni
infatti i problemi di fondo per la nostra regione sono rimasti
sempre gli stessi. La disoccupazione che si mantiene sempre su
livelli da primato (certo anche a causa della crisi che stiamo attraversando);
la gestione del territorio che continua a fare acqua da tutte le parti;
l’emigrazione che continua a portare via soprattutto i giovani; il
vecchio clientelismo sempre più affiancato da uno sfacciato nepotismo.
Il mancato ricambio poi tra e dentro le forze politiche ha
permesso l’emergere di gruppi di potere che si spartiscono
tutto quello che c’é da spartirsi. Parlare di sprechi e scandali? Sarebbe
come sparare sulla Croce Rossa! Basta dire che proprio a causa di uno
di questi scandali (il famoso rimborsopoli) il governatore è stato
costretto alle dimissioni, rendendo così necessario il ricorso ad
elezioni anticipate.
Prospettive.
Per tutto quello che non è
mai stato fatto, per tutto quello che di negativo invece si
è fatto, si avverte la necessità di un forte segnale di
discontinuità per quanto riguarda gli uomini ma soprattutto per
quanto riguarda il modo di gestire la cosa pubblica. C’è soprattutto la
necessità di un pensare nuovo, di un pensare rivoluzionario. Occorre una
visione chiara e condivisa di cosa può essere; di come vorremmo
che fosse nei prossimi anni la Basilicata. Certo non basta avere una
visione; è necessario poi trasformarla in progetti realizzabili,
compatibili col territorio e con le risorse che si hanno
a disposizione. A proposito di risorse, una volta ci dicevano che la
Basilicata non ne aveva, che a causa di questa carenza i lucani
potevano dedicarsi solo a zappare la terra e alla pastorizia o emigrare. Si
è scoperto poi che non era così, che forse Cristo non si era fermato ad
Eboli. Abbiamo scoperto di avere un bene primario come l’acqua, molto
della quale però sembra che vada sprecata a causa di una rete idrica
fatisciente. Abbiamo scoperto di avere il petrolio, il sole e pure il
vento. Ora però contro il loro utilizzo viene sollevata, il più delle
volte a sproposito, la questione ambientale e così mentre nelle
altre regioni d’Italia e d’Europa i problemi diventano risorse (liquami di
allevamenti, rifiuti urbani, ecc.) in Basilicata le risorse rischiano
invece di diventare un problema.
La difesa dell’ambiente è cosa molto
importante, deve riguardare tutti; non dovrebbe essere considerata cosa di
destra o di sinistra. Nella nostra regione purtroppo é diventata soprattutto
strumento di lotta politica e viene agitata come clava da gruppi
sempre più numerosi di ayatollah nostrani. Si fa leva sulle paure e
sulle emozioni della gente, spesso con argomentazioni che non hanno
nessuna valenza scientifica o si prende spunto
da situazioni che sono frutto d’incapacità, di negligenza o, peggio, di
corruzione (vedi l’Ilva a Taranto o la Fenice a Melfi) per suscitare allarmi.
E’ pacifico che l’utilizzo di certe risorse comportano modifiche
all’ambiente. Se non si fossero costruite le dighe, avremmo avuto l’acqua?
Tutte le attività dell’uomo presentano rischi e pericoli, vantaggi e svantaggi.
Per la nostra regione si tratta di scegliere se continuare a vivere in
condizioni di sottosviluppo, con la prospettiva di vedere svuotarsi intere
zone e paesi, o di cambiare una condizione a cui non è stata condannata
dalla natura ma dagli uomini. Per questo, si può e si deve cambiare.
Verso le elezioni.
Di fronte ai tanti problemi
irrisolti e a quelli urgenti, imposti dalla crisi economica, la Basilicata
si ritrova purtroppo con un quadro politico a dire
poco desolante! Tra meno di un mese si andrà al voto per
rinnovare il consiglio regionale e intanto la Politica cosa ha fatto fino
adesso? Fino adesso si è soprattutto litigato, specie all’interno dei
partiti a causa dei personalismi e per le poltrone da
spartirsi. In tutta la regione è stato un proliferare di gruppi e
gruppuscoli (almeno una trentina), perlopiù portatori d’interessi personali o
localistici. Stanno cercando con i loro pacchetti di voti di condizionare
i candidati per assicurarsi ”un posto al sole” o quanto meno qualche
“chiancaredd” nei tanti enti, gal, comunità montane, asl e parchi vari che
fanno capo alla regione e attraverso i quali è possibile mettere “le mani nel
miele”.
Cosa mai potrà venire fuori da un
simile calderone? Niente di quello che sarebbe necessario. Alla fine a
perdere sarà ancora una volta la Basilicata e tutti coloro che vivono nel
disagio. E’ doveroso non perdere la speranza, ma per sperare in un vero
cambiamento è necessario spezzare quel circolo vizioso tra cause ed effetti che
costringe i lucani da decenni a votare con “la pancia” anziché con la testa,
come invece si dovrebbe.
T.d.T.d.F.
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