Ritorno alla terra

E’ stato il sogno dei nostri antenati, dei nostri nonni quello di possedere un pezzo di terra su cui lavorare e con cui provvedere al fabbisogno familiare. Per questo sogno a volte si è lottato duramente, è stato versato del sangue. Le ultime lotte contadine nella nostra regione si ebbero tra il 1948 e 1956. I contadini miglionichesi ne furono particolarmente partecipi. Risale infatti a quel periodo l’occupazione delle terre sul Monte Acuto e alla Difesa. Diversi di loro pagarono con il carcere quella loro la determinazone per assicurarsi un pezzo di terra.

Il loro sogno di un riscatto attraverso il possesso della terra era destinato però a svanire in poco tempo per una serie di cause: l’aborto di una riforma agraria male attuata, la famosa e tremenda nevicata del 1956 che distrusse gran parte degli orti e delle colture a cui fecero seguito alcuni anni di siccità ed infine il colpo mortale della svendita dell’agricoltura mediterranea a favore dei paesi del Nord Europa nell’ambito del Mercato Comune  Europeo. A cavallo degli anni sessanta ci fu poi una miope campagna da parte della classe politica allora dominante  che spinse  per l’abbandono dell’agricoltura nella nostra regione. Le braccia dei cafoni lucani come di tutto il sud servivano allora per lo sviluppo delle industrie del Nord!
Per oltre mezzo secolo l’agricoltura in Italia è stata trattata come la cenerentola delle attività economiche. Da qualche anno, anche per effetto della grave crisi che stiamo vivendo, però sta emergendo che l’agricoltura in generale e il settore agro-alimentare in particolare sono gli unici settori che mostrano segni di crescita e che, se adeguatamente aiutati, potrebbero diventare una valvola di sfogo per la crescente disoccupazione ed anche per fare crescere il famoso Pil.
Anche la Terra Nostra, che pure presenta delle criticità per la sua configurazione, potrebbe recitare un ruolo importante per lo sviluppo dei settori sopra citati. Abbiamo l’acqua, il sole, i soldi del petrolio e fondi comunitari da utilizzare per uno sviluppo che richiede però modalità molto diverse rispetto a quelle con cui veniva praticata l’agricoltura nel passato. E’ necessario però avere innanzi tutto una chiara visione di medio lungo periodo, essere capaci d’approntare piani di sviluppo concreti, realizare strutture ed infrastrutture anziché portare avanti, come sta succedendo in queste settimane, prese di posizioni campanilistiche a difesa d’interssi di bottega.(*)
Il rilancio delle attività agricole e del settore agro alimentare potrebbe veramente diventare in Basilicata una valvola di sfogo per quel problema che si chiama lavoro e che è da sempre ll nostro problema numero uno. L’agricoltura odiena non richiede più “zappatori” con “ le unghie spaccate” ma professionisti capaci di lavorare con camicie e computer! I nostri giovani dovrebbero prendere in seria considerazione, quando pensano al loro futuro, la possibilità di un ritorno a quel vecchio sogno dei nostri antenati.



*si veda nella sezione archivio l’intervento ”Possibile piano di sviluppo per la Basilicata”

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